Si fa un gran parlare di misericordia quest'anno e nessuno si è preoccupato ancora di spiegare che cos'è veramente la misericordia.
La storia che segue credo sia la più adatta a rendere l'idea ed è stata raccontata da una suora americana che l'aveva ascoltata dalla bocca di una consorella polacca presente ai fatti narrati.
Nel lager di Auschwitz in Polonia morirono circa tre milioni di persone,
un sesto degli ebrei uccisi durante l’Olocausto, insieme a diversi
cristiani e santi come san Massimiliano Kolbe e santa Benedetta dalla
Croce (Edith Stein).
Rudolf Höss, soprannominato “l'animale” dai
sopravvissuti allo sterminio, nei tre anni di mandato come comandante
diresse l’esecuzione di oltre 2 milioni e mezzo di detenuti e assistette
alla morte per fame o malattia di un altro mezzo milione.
Finito il suo
mandato, supervisionò anche l’esecuzione di 400 mila ebrei ungheresi.
Höss compì un solo atto
di umanità.
Un giorno portarono ad Auschwitz «un’intera comunità di
gesuiti» tranne il superiore, che quel giorno si trovava lontano dal convento, e questo, il giorno dopo, disperato, volle raggiungere i
suoi confratelli intrufolandosi nel campo di concentramento.
Le guardie
lo scoprirono e lo portarono da Höss, certi che il comandante avrebbe
ordinato la sua esecuzione.
Invece Hoss fece una cosa che non aveva mai fatto: liberò il sacerdote, lasciando
le guardie sconcertate.
Quando la guerra finì
Höss fu arrestato e condannato a morte per crimini contro l’umanità. Ma
l’ex comandante non era terrorizzato tanto dalla morte quanto dalla
detenzione, convinto che le guardie polacche si sarebbero vendicate
«torturandolo per tutto il tempo della prigionia e provocandogli una
pena inimmaginabile».
La sua sorpresa fu quindi enorme quando vide che "uomini le cui mogli, figlie e figli, erano stati uccisi ad Aushwitz, lo trattavano invece con dignità".
Non riusciva a farsene una ragione.
Secondo le suore fu quello il
momento della conversione: quello della misericordia, che è «l’amore che
non meritiamo».
Sì, «non meritava il loro perdono, bontà, gentilezza.
Eppure li ricevette tutti».
Höss, cresciuto in quella fede
cattolica che poi abbandonò in gioventù, chiese di potersi confessare.
Le guardie provarono a cercare un sacerdote disponibile, ma «le ferite
ancora molto vive» non resero facile trovare chi «volesse ascoltare la
sua confessione».
E infatti «non trovarono nessuno».
L’ex comandante si
ricordò improvvisamente di quel gesuita, padre Wladyslaw Lohn, che aveva
risparmiato anni prima.
Supplicò le guardie di cercarlo.
Il gesuita,
rintracciato proprio nel santuario della Divina misericordia di
Cracovia, dove era diventato cappellano delle suore della Beata Vergine
Maria della Misericordia, accettò di confessare Höss.
La confessione «durò molto a lungo,
finché non gli diede l’assoluzione: “Ti sono perdonati i tuoi peccati.
Rudolf Hoss Vai in
pace».
Il giorno successivo, prima dell’esecuzione, il gesuita tornò per
dare la Comunione al condannato.
La guardia che era presente
confessò poi che quello fu uno dei momenti più belli della sua vita:
«Vedere quell’animale in ginocchio, con le lacrime agli occhi, come un
bambino che sta per ricevere la Prima Comunione, Gesù, con il cuore».